La mia ciclotimia ha la coda rossa svela il bipolarismo
A seguito della pubblicazione di Goupil ou face (Vraoum!, 2016; Delcourt, 2021), tradotto La mia ciclotimia ha la coda rossa (ComicOut, 2017 e 2021) Lou Lubie, l’autrice, è stata subissata da una marea di messaggi. Richieste d’aiuto, di informazioni, di consigli e rassicurazioni tanto pressanti e invadenti da sentirsi costretta ad eliminare i suoi profili social per tutelarsi.
Non stupisce. Il suo fumetto unisce ad una base narrativa di fiction, d’invenzione, un fondo autobiografico che dona veridicità e autenticità alla storia e che di fatto legittima Lou Lubie ad affrontare l’argomento, cosa che fa con estrema pulizia intellettuale. A questo si aggiunge un forte valore di divulgazione scientifica, frutto di un anno di studio oltre che di un prezioso lavoro di sintesi, e di un ulteriore anno per la realizzazione.
La mia ciclotimia ha la coda rossa è un prodotto poetico, umoristico e commovente, fra i migliori esempi di graphic medicine. La prova provata che ciò che è istruttivo e pedagogico, sistematico e documentato non debba essere necessariamente indigesto. Lou Lubie rende accessibile al pubblico dei lettori, descrivendolo minuziosamente, un disturbo misconosciuto. Una realtà altrimenti esclusivamente nota alle persone che ne soffrono, già diagnosticate e, nel migliore dei casi, agli specialisti (medici, psichiatri e psicoterapeuti).
La ciclotimia, disturbo dell’umore afferente alla famiglia delle malattie bipolari, è una condizione invalidante. Banalizzando di molto, è un’esistenza sulle montagne russe o in altalena: un’alternanza e un’instabilità continua dell’umore e delle energie tra due eccessi, due stati estremi opposti. Si susseguono giorni e momenti di sintomi depressivi (con rischio suicidio del 47%) e altri di sintomi ipomaniacali, caratterizzati da euforia, iperattività, esagerata autostima, sonno breve e agitazione.
All’origine del problema un fattore genetico e una componente biologica, sulla quale la ricerca è ancora in corso. Si ipotizza una disfunzione dei neurotrasmettitori che impedisce una corretta regolazione della dopamina, ma non è l’unica pista. La diagnosi corretta di ciclotimia non è semplice da effettuare.
La causa di ciò risiede nella natura stessa del disturbo, ma non solo. La non identificazione e l’ampio margine di errore possono dipendere anche dalla preparazione aspecifica di molti clinici o dalla loro scarsa ricettività ed attenzione al paziente, liquidato troppo frettolosamente. L’iter diagnostico deve essere strutturato, articolato e meticoloso.
Per escludere manifestazioni simili, che non comprendano tutti i segni, sintomi e condizioni rilevati sul paziente, serve una valutazione psichiatrica differenziale: un procedimento serio di indagine basato su precisi criteri. In definitiva dunque capita che per dare un nome al disturbo siano necessari tempi anche eccessivamente lunghi. In Francia sono stati stimati in media 10 anni.
Una via crucis, considerato l’impatto significativo della ciclotimia in tutti gli ambiti della vita della persona: privato, affettivo, familiare, sociale e lavorativo. Proprio per questo motivo Lou Lubie desidera lanciare un messaggio chiaro: pur se faticoso, è un cammino indispensabile, da intraprendere. È fondamentale e coraggioso scegliere di parlare, chiedere aiuto a professionisti specialisti e competenti, confidarsi con la propria famiglia e con gli amici. Se procedere contando nel sostegno dei propri cari è fonte di enorme giovamento, da adulti si può comunque scegliere di affrontare lo scoglio della formulazione della diagnosi tenendo le due sfere più separate.
L’obiettivo ultimo è arrivare a comprendersi e ad accettarsi, scrollandosi di dosso semplicistiche etichette. Sentirsi meglio ed essere consapevoli sono potenti armi anche per affrontare la lotta al pregiudizio e alla discriminazione. È questo il positivo, il lieto fine che La mia ciclotimia ha la coda rossa trasmette: conoscere la propria malattia e i meccanismi che la sottendono permette di conviverci, di tenerla a bada e definirne i contorni. E se è vero che non si guarisce, in questo aiutano molto i farmaci a base di litio carbonato, somministrati unicamente nei casi più gravi. Insomma, non bisogna permettere ad una malattia di decidere in tutto e per tutto le sorti del presente e dei giorni futuri.
«Io non sono l’alto o il basso. Io sono il movimento. Instabile, impulsiva, ipersensibile, estremamente emotiva. Adesso che so quello che sono… Posso decidere chi sono».
Lou Lubie in La mia ciclotimia ha la coda rossa affronta dunque ogni fase del suo coraggioso percorso, ciascun aspetto del problema, con maturità, consapevolezza, istruttiva chiarezza e commovente ironia. Fa emergere la patologia dall’ombra dandole un corpo, quello di una volpe, e una voce. Con il medesimo escamotage chiarisce che la persona non è la sua patologia, ma qualcosa di distinto e separato.
Come mai fra tanti animali proprio una volpe? Alla base della scelta della fumettista c’è la voglia di sdrammatizzare. Ecco perché raffigurare la sua malattia come un animaletto selvatico, super veloce, subdolo, capriccioso. La volpe non la lascia mai in pace, le condiziona la vita e si nutre di sempre nuove emozioni. È difficile coabitarci. Come quella di Saint-Exupery (a 19 anni Lou Lubie mentre si formava da game designer ha anche sviluppato un videogioco su Il piccolo principe!), deve essere addomesticata, cosa che non riesce mai al cento per cento. Dietro di lei oltretutto si può nascondere un pericoloso e feroce lupo nero.
I disegni nella loro semplicità sono d’impatto. Sono diretti, espressivi, realizzati in un efficace schema di colori: nero assoluto, sfumature del grigio, bianco e toni dell’arancione. Tinte che funzionano dal punto di vista estetico e allo stesso tempo hanno un significato simbolico e un ruolo distintivo. L’arancione, luminoso, persino fluorescente è utilizzato per evidenziare le fasi di up, mentre il nero quelle di down, di depressione estrema, in cui la protagonista arriva a considerare anche la morte, il suicidio. Il grigio in generale sembra legato ai momenti di equilibrio e stabilità, della maggior padronanza di sé.
La volpe-ciclotimia riunisce in sé arancio, nero e bianco, non è totalmente nera come il lupo-depressione o come la morte. E così, quando nelle tavole compaiono tutte e tre le tinte, di fatto è plausibile che la si stia illustrando. Sono utilizzate insieme quando si espongono notizie e dati medici, anche attraverso infografiche, o durante il racconto dei differenti consulti medici, o quando l’impegno è volto a delucidare sintomi e relativi effetti sul quotidiano.
Un fumetto fortemente consigliato alle persone affette da ciclotimia, ai loro familiari ed amici, agli psichiatri e psicoterapeuti, agli insegnanti e a chiunque altro, dall’adolescenza in su. Riconoscersi, riconoscere, informarsi e comprendere sono i primi passi per azzerare le distanze e destigmatizzare, contribuendo alla creazione di reti e di empatia.