Persepolis, il primo fumetto iraniano mai pubblicato
Persepolis è un vero e proprio capolavoro della letteratura. Una graphic novel di oltre 300 pagine, successo mondiale per numero di copie vendute. Oggi è universalmente considerata un classico, una lettura imprescindibile per chiunque si avvicini al genere del romanzo grafico. Ne è l’autrice Marjane Satrapi, nata in Iran, a Rasht, nel 1969 e naturalizzata francese.
La prima edizione di Persepolis è nata proprio in Francia, in lingua francese, tra il 2000 e il 2003 grazie alla casa editrice indipendente L’Association, in quattro volumi. Nel 2007 ne è stata curata l’edizione integrale.
In Italia i 4 volumi sono stati pubblicati da Rizzoli Lizard a partire dal 2002. La prima edizione integrale ha visto la luce nel 2007 (in brossura, con la copertina nei toni del nero, del bianco e del turchese) e all’inizio del 2019 ne è uscita una nuova bellissima edizione (cartonata, con la copertina rossa, nera e bianca).
Persepolis è l’Iran. Parla della storia dell’Iran dal 1980 al 1994, attraverso gli occhi della sua autrice, iraniana anch’essa, ed è la prima graphic novel iraniana ad essere mai stata pubblicata. È molto più di un’autobiografia e molto più di un libro di storia contemporanea.
In Iran nel 1979 era fuggito l’ultimo Scià, Mohammad Reza Pahlavi, che aveva esteso il suffragio alle donne, tentato la modernizzazione del paese e la laicizzazione dello Stato, operazioni che erano state viste dagli estremisti religiosi come occidentalizzazione.
Le sue politiche economiche per rendere il paese una superpotenza e le sue riforme non avevano portato i risultati sperati in termini di crescita economica. L’inflazione era altissima, così come il tasso di disoccupazione. La corruzione e la ricchezza estrema ed ostentata dello Scià e della sua famiglia erano intollerabili.
Per tutti questi motivi una larga parte della popolazione (studenti, intellettuali, comunisti, ma anche nazionalisti e religiosi) erano insorti mettendo fine al regime.
Questa rivoluzione si era conclusa però con la presa di potere da parte di Khomeini e con la nascita dell’oscurantista Repubblica Islamica, sciita, la cui costituzione si ispirava alle leggi coraniche: una vera e propria teocrazia.
Marjane Satrapi nel 1980 è una bambina di dieci anni, vivace, curiosa, e anche un po’ ribelle. La sua è una famiglia borghese, ma di nobili origini, progressista, colta, filomarxista che la educa in modo libero ed occidentale.
Con l’avvento delle leggi repressive della Repubblica Islamica la vita di Marjane cambia, come quella di tutti gli iraniani. Le vengono imposte dall’esterno tutta una lunga serie di regole volte a limitare la sua libertà di azione e di espressione. Fra tutte l’obbligo di portare il velo.
In questi anni grazie alla sua famiglia e alle persone con cui viene a contatto, la sua coscienza critica si forma, tanto da essere in grado di individuare le contraddizioni della realtà che la circonda.
La scoppio della guerra tra Iran e Iraq non fa che peggiorare la situazione. È testimone dei bombardamenti, dei cadaveri sotto le macerie, dei giovani che vanno a morire.
Marjane per altro è in piena adolescenza e non ha nessuna voglia di piegarsi e di subire dettami che non condivide. La sua sfrontatezza, la sua non sottomissione, la rendono bersaglio e potenziale vittima delle repressioni.
I genitori decidono quindi di allontanarla e di farla partire per l’Europa, per l’Austria, dove sarà più al sicuro. Ha solo quindici anni.
A Vienna l’esperienza di vita è tutt’altro che semplice. In un contesto tanto differente da quello delle sue origini, pur sentendosi finalmente libera di esprimersi e di realizzarsi, è vittima del pregiudizio, dal quale cerca di salvarsi arrivando a negare la propria nazionalità e non si sente mai inserita ed accettata.
Incontra nuovi amici, scopre l’amore, ma si trova anche a vivere momenti di disperazione e totale isolamento. A seguito del più grave di questi, a diciannove anni, decide che è il momento di rientrare a Teheran dalla sua famiglia.
Il paese che trova è in condizioni ben peggiori di quando lo aveva lasciato e sempre più oppresso. L’aver vissuto in Europa l’aveva resa di fatto diversa e non può che osservare e interpretare con occhi altri la realtà in cui è immersa. Gli anni in Occidente sono inoltre motivo di sospetto nei suoi confronti.
Marjane cade in depressione. Quando ritrova le energie si dedica agli studi di belle arti ma il contesto universitario è totalmente islamizzato. Conosce un ragazzo e finisce per sposarsi, perché nel matrimonio scorge lo strumento per ottenere un minimo di libertà. Ovviamente è un legame destinato a spezzarsi tanto che arriva presto il divorzio e la decisione finale di trasferirsi in Francia, per sempre. Era il 1994.
Persepolis colpisce, arriva dritto al cuore per i fatti narrati che sono vita vera, che sono storia personale e al contempo collettiva, ma soprattutto per quel suo meraviglioso e peculiare tono narrativo fanciullesco, delicato e allo stesso tempo tagliente e irriverente.
I disegni in bianco e nero, bidimensionali, rimangono stampati nella memoria proprio come il messaggio di libertà che trasmettono. Ed il bianco e nero è una scelta che Marjane Satrapi spiega così in un’intervista:
Dans la bande dessinée, contrairement à l’illustration, les dessins font partie de l’écriture. Ils ne viennent pas accompagner un texte déjà existant, les deux fonctionnent ensemble. A ma connaissance c’est le seul médium qui marche comme ça. Et si vous ajoutez de la couleur, des décors ou autres, ce sont des codes supplémentaires qui changent le rythme de lecture du livre. Voilà donc une première raison pour laquelle je choisis le noir et blanc : parce que mes histoires sont souvent très bavardes, et si le dessin est lui aussi très bavard, cela peut devenir excessif.
Marjane Satrapi, intervista realizzata nell’abito del dodicesimo incontro sul fumetto a Bastia, il 2 aprile 2005.
Nel fumetto, contrariamente a quanto avviene nell’illustrazione, i disegni fanno parte della scrittura. Non accompagnano un testo già esistente, ma le due cose lavorano insieme. A quanto ne so è l’unico mezzo che funziona così. Se aggiungete il colori, decorazioni o altro, sono codici supplementari che modificano il ritmo di lettura del libro. Ecco quindi un primo motivo per cui ho scelto il bianco e nero: perché le mie storie sono spesso molto loquaci, e se anche il disegno fosse molto loquace, potrebbe divenire eccessivo.
Non perdetevi questa graphic novel se non l’avete letta e, perché no, regalatela. Io l’ho ricevuta in regalo e l’ho a mia volta donata a più di una persona perché per me, non mi stancherò mai di dirlo (vi avrò annoiato?!), è e rimane la n. 1.
P.S. Conoscete il film Persepolis? Il lungometraggio animato? Se avete voglia di saperne di più ve ne parlo in un post dedicato…