The Tale of TAL: l’arte che comunica la scienza
Sebbene negli ultimi anni siano per fortuna sempre più diffusi ed in auge, i fumetti continuano ad essere vittime di vecchi stereotipi, partoriti dalla mente di chi poco li conosce, o li evita a priori. E così mi trovo di nuovo a ribadire quanto sarebbe in realtà scontato. Il linguaggio a fumetti è in grado di veicolare contenuti e messaggi importanti, perfettamente, con immediatezza. È efficace dunque per diffondere cultura, informazione, nei diversi campi del sapere, se ben utilizzato e sfruttato. The Tale of TAL è un chiaro esempio di tutto ciò. Comunica la scienza e, trattandosi di un silent, riesce in questo intento solo ed esclusivamente attraverso i disegni, senza l’uso delle parole nei balloon.
Ricostruisce la vita di una popolazione di Neanderthal nell’era glaciale del Pleistocene superiore, e la sua lotta per la sopravvivenza in un ambiente ostico. Alla grande qualità artistica di Luca Vergerio, che ha lavorato alla sceneggiatura e ai disegni, unisce il rigore di una pubblicazione scientifica. La solidità e la rispondenza alle conoscenze scientifiche in materia è garantito da Gianpaolo Di Silvestro, paleontologo autore del soggetto insieme a Vergerio, oltre che dell’accurato apparato bibliografico di supporto ad ogni tavola.
Hanno offerto la loro preziosa consulenza l’antropologo Davide Caramelli, il paleontologo Fabio Bona, il palinologo Fabio Fusco, curatori delle introduzioni (fornite in italiano e in inglese), nonché Mauro Mandrioli, genetista. Allo stesso modo, numerose sono le istituzioni di settore che hanno collaborato e contribuito: la Società Paleontologica Italiana, l’Associazione Antropologica Italiana, Pikaia – portale dell’evoluzione, il Museo della Preistoria di Nardò, ed altre.
È un’avventura affascinante leggere per immagini la storia di The Tale of TAL, che è di fantasia ovviamente. Lo è ancora di più sapendo che dietro ciascuna illustrazione ci sia la scienza, ci siano concetti centrali non alterati, frutto di approfonditi studi internazionali.
I protagonisti scelti per il racconto sono un ominide, frequentatore delle grotte, e un Ursus spelaeus, un animale che, a differenza del Mammut (che pure avrebbe potuto ottenere il ruolo), sfruttava le caverne per il suo letargo invernale, e non solo. Le femmine infatti le sceglievano come luogo sicuro per partorire i cuccioli e per poterli più facilmente difendere dagli attacchi dei predatori.
Alle volte i personaggi fanno cose che sono frutto di un ragionamento degli autori, di confronto fra specie. Ecco che l’orso pesca come quelli che siamo abituati a vedere nei nostri contemporanei documentari. L’ominide fa altrettanto come è teoricamente plausibile che facesse l’homo neanderthalensis. È una speculazione. È probabile che catturasse pesci per il proprio sostentamento, ma non si sa con quali mezzi. In The Tale of TAL si serve di uno strumento di legno a mo’ di arpione.
Si tratta in questo caso di piccoli espedienti narrativi, strettamente indispensabili per dare vita ai personaggi. Con un importante intervento di ingegnosa inventiva, le vite dei due protagonisti corrono in parallelo e in alcuni momenti coincidono, come per un buffo gioco del destino. Di base però il percorso della loro vita è quello immutabile che accomuna, accomunava, e sempre accomunerà gli esseri viventi.
Per altro The Tale of TAL illumina taluni aspetti della vita comunitaria dei Neanderthal. La promiscuità tra consanguinei, così come la cura per le persone anziane e il culto dei defunti. Sono tutti dettagli che hanno precise basi scientifiche, provate dai ritrovamenti paleo-archeologici. Elementi certi fino a quando non si avranno a disposizione nuovi dati e pubblicazioni che renderanno superate e inesatte le conoscenze attuali. Ora, ad esempio, sappiamo che i Neanderthal erano capaci di pitture rupestri mentre fino a tempi relativamente recenti venivano attribuite ai Sapiens. Si progredisce nella comprensione.
A livello grafico una delle maggiori sfide per Luca Vergerio è stata quella di ricostruire nella maniera più precisa possibile la conformazione fisica dell’uomo di Neanderthal. Il suo corpo era differente da quello degli uomini moderni, forse per la necessità di adattarsi ad una dieta a base di proteine, più facilmente disponibili dei carboidrati e dei grassi nei climi freddi e durante le migrazioni. Il risultato finale rende perfettamente le caratteristiche più rilevanti dei neandertaliani: il cranio voluminoso e allungato anteroposteriormente, lo chignon occipitale, il rigonfiamento osseo sopra gli occhi, la fronte sfuggente, la cavità nasale grande e in generale una struttura massiccia e una cassa toracica ampia.
L’habitat in cui la narrazione si immerge è invece una valle pedemontana immaginaria, nella quale però è inserita tutta una serie di elementi scientifici. Ci sono grandi prati, betulle, ontani, pini e altre conifere. Compare anche un salice che è estraneo a quel tipo di ambiente ma che era utilizzato dai Neanderthal per diversi scopi. La crescita e il mutamento dei colori della chioma di un altro albero scandiscono invece in maniera emotivamente toccante lo scorrere del tempo e l’alternarsi delle stagioni. Si tratta di un pioppo, dal quale con certezza i neandertaliani ricavavano legno per i loro utensili, così come sostanze medicinali.
Oltre a ciò che è scientifico, il linguaggio del fumetto permette anche di inserire randomicamente il frutto puro della creatività. È così che l’orso e l’ominide di The Tale of TAL sono accomunati da una cicatrice in volto, che li rende riconoscibili fra tutti gli altri simili che popolano il silent book. Capita inoltre che lo stesso orso, nel giocare con una farfalla, sorrida come farebbe se, invece di abitare un silent book scientifico, fosse nato per i cartoni animati.
Così come ci sono riferimenti ai paper, non mancano citazioni e influenze di comics e affini, anch’esse riportate in bibliografia. Ci si toglie il cappello davanti a Conan il Barbaro di Roy Thomas e John Buscema (Marvel, 1995), così come a Tarzan di Joe Kubert (Edgar Rice Burroughs, 1972) e a Lucy, la speranza, sceneggiata da Patrick Norbert con i disegni di Tanino Liberatore (Comicon Edizioni, 2017). Fra le suggestioni si segnala inoltre Far from the tree, short movie della Disney del 2021, diretto da Natalie Nourigat. Un’altra fonte di ispirazione, gli incredibili dipinti realistici di Tom Björklund, visual artist finlandese specializzato in scienza e storia. I suoi Neanderthal sono fortemente “umani” e i suoi paesaggi del Pleistocene sono ricostruzioni straordinarie, quasi delle foto che riemergono da un passato preistorico attraverso una prodigiosa macchina del tempo.
Ovviamente in generale tutta la tecnica grafica utilizzata è stata modulata tenendo conto della peculiarità del progetto. Considerate le tante correzioni da apportare nella fase iniziale del lavoro, i disegni a matita sono stati realizzati in digitale. Nel momento in cui le tavole hanno ottenuto l’approvazione definitiva, sono state stampate su carta per acquerelli e colorate a mano, tradizionalmente, con esiti notevoli.
Accattivante e appagante l’estrema varietà della gabbia. Contribuisce a donare movimento, dinamicità e ritmo alla narrazione o talvolta a dilatare il tempo, se non addirittura a fermarlo, lasciando spazio alla riflessione. Un layout governato dalle emozioni che desidera trasmettere, che riesce a generare.
Le mie corde hanno vibrato grazie ad una miriade di suoni intrinseci alle immagini, nonostante il silenzio sia una peculiarità dell’opera. Ho sperimentato la temperatura del colore. Nello sfogliare The Tale of TAL ho percepito il calore del fuoco, il gelo della neve, il fresco delle acque del fiume e del vento sulla pelle. Un’intensa esperienza di sinestesia. Ciò che però mi ha oltremodo coinvolta è stato di specchiarmi nell’essenzialità della vita delle origini, affatto scevra di emozioni e sentimenti.
È come se nel guardare mi fossi vista improvvisamente nuda, liberata dell’eccessivo ed inutile “rumore”, del futile, della frenesia, del caos da cui noi tutti siamo circondati. Oggi sono loro il nostro falso naturale. Ci distolgono dai bisogni veri, primari. Ci obnubilano. Capita così di fare caso alla natura solo in rari fortunati momenti. Spesso quando irrompe matrigna nella nostra quotidianità a rammentarci quanto siamo piccoli, della nostra finitezza.
Allora? Vi ho incuriositi? Siete pronti attraverso The Tale of TAL a viaggiare indietro nel tempo e, perché no, a ragionare anche su cosa sia il fumetto? È interessantissima a tal proposito questa dichiarazione di Gillo Dorfles del 2002, piena ancora oggi, a distanza di più di vent’anni, di spunti validi di riflessione:
«Che cosa è il fumetto? E una forma d’arte? È solo una forma di comunicazione? È una forma di cattivo gusto? Si può confrontare con la pittura? Esisterebbe senza la nuvoletta e le parole? Esisterebbe senza le immagini riconoscibili? In realtà, credo che nessuno dei fumettologi potrebbe dare una risposta esatta a questo problema perché, in fondo, abbiamo dei fumetti che vivono solo per le parole e dove le immagini quasi non si riconoscono. Abbiamo dei fumetti dove l’immagine è tutto e dove la parola è unicamente un racconto “mercenario”; abbiamo dei fumetti elitari dove sono implicate delle personalità di estrema raffinatezza e cultura; abbiamo dei fotoromanzi a fumetti che, quasi sempre, sono di una volgarità totale ed estrema. In realtà basterebbero queste poche osservazioni per dire che dobbiamo occuparci del fumetto da un punto di vista non solo estetico, ma anche antropologico. In fondo il fumetto è una delle poche forme visivo-verbali dei nostri tempi che continua a raccontare qualcosa».
The Tale of TAL ve lo assicuro può essere goduto proprio da tutti, bambini, ragazzi, adulti, insegnanti, ricercatori e studiosi, professionisti del settore del fumetto. Insomma, a qualsiasi livello lo si voglia e lo si possa affrontare. Non a caso, pubblicato a dicembre 2022, sta già riscontrando un notevole successo. Dopo quello fantastico su Kickstarter, è già in viaggio per il mondo ed è giunto fino in Giappone. Forza, correte ad acquistarlo nelle migliori librerie o su scientificmodels.shop!