Un sampietrino dorato per Arnaldo Tagliacozzo
Le pietre d’inciampo, le Stolpersteine inventate da Gunter Demnig nel 1992, sono inserite nel selciato delle città di diversi paesi europei in corrispondenza dell’ultima abitazione delle vittime dei lager. Sono blocchi di pietra ricoperti nella faccia superiore da una piastra di ottone su cui sono incisi il nome, la data di nascita, la data e il luogo di deportazione e, quando conosciuta, la data di morte di quanti dai campi di sterminio non hanno più fatto rientro a casa. Nel suo fumetto Un sampietrino dorato. La storia di Nando Tagliacozzo, pubblicato da Bertoni Editore nel 2022, Luca Esposito racconta il passaggio generazionale della memoria, a partire proprio da una delle pietre d’inciampo poste nel quartiere romano dove è cresciuto, ha giocato ed è andato a scuola: il quartiere Pinciano.
Un nonno e suo nipote bambino, Nando Tagliacozzo e Daniele De Benedictis, passeggiando s’imbattono nel sampietrino dorato dedicato ad Arnaldo Tagliacozzo. La storia drammatica di quell’uomo è una storia di famiglia per Nando e Daniele. Il primo l’ha vissuta, il secondo la scoprirà, spinto com’è dalla curiosità a fare domande. Nando Tagliacozzo, nato il 13 dicembre 1938, a leggi razziali promulgate, è figlio di Arnaldo e di sua moglie Lina Zarfati.
Secondo l’articolo 9 del R.D. L. del 17 novembre 1938 n. 1728 “l’appartenenza alla razza ebraica” deve essere denunziata e annotata sui registri dello stato civile e sui relativi certificati ed estratti. È così che il suo certificato di nascita riporta stampigliata la dicitura “di razza ebraica”. Il giorno dopo la sua nascita invece, in base all’articolo 8 del del R.D.L. del 15 novembre del 1938 n. 1779, sua mamma viene licenziata dalla scuola in cui insegnava.
Scoppia poi la guerra e, tre anni dopo, il 16 ottobre del 1943, è il sabato nero del rastrellamento del ghetto e della deportazione degli ebrei romani. Nando, che aveva solo cinque anni e abitava nei pressi di Largo Benedetto Marcello, di quel giorno non ricorda granché: «Sono sincero: non so cosa facessi il 16 ottobre 1943: probabilmente dormivo e sono stato svegliato da un colpo». Oggi invece sa e si impegna perché non si dimentichi.
Di mattina i tedeschi fanno irruzione al civico 174 di via Salaria nell’appartamento di fronte al suo, abitato dalla nonna Eleonora Sabatello. La trascinano via insieme allo zio Amadeo Tagliacozzo e alla sorella Ada, che aveva dormito lì la notte precedente. Saranno tutti deportati ad Auschwitz dove perderanno la vita. Ignorano invece il suo di appartamento, perché nei registri non è segnato come occupato da ebrei. È così che Nando, suo fratello David, la madre Lina ed il padre Arnaldo scampano alla cattura.
Da quel momento le suore del Preziosissimo Sangue di Porta Metronia accolgono e proteggono madre e figli, mentre papà Arnaldo trova ospitalità presso un conoscente. Arnaldo era un commerciante di stoffe e aveva un negozio a via Salaria. Viene arrestato il 3 febbraio del 1944 a causa dell’orrenda delazione di un “amico”, E. G.
Quest’ultimo gli dà appuntamento proprio davanti a quello che era il suo negozio con la scusa di aver trovato degli acquirenti per la merce che ancora vi giaceva, e dunque dei guadagni con cui sostentare i suoi cari. Davanti alla sua bottega però, Arnaldo trova ad aspettarlo il tenente Carbonelli ed il tenente delle SS Scott. Incarcerato nel terzo braccio di Regina Coeli, nella cella 346, è poi trasferito a Fossoli, campo di concentramento e di transito nei pressi di Modena, tra il 25 febbraio e l’8 marzo.
Da lì parte con il convoglio n. 9 del 5 aprile del 1944 per un viaggio senza ritorno. Anche per lui la destinazione è Auschwitz. Vi giunge il 10 aprile (gli altri membri della sua famiglia allora erano già stati assassinati). Muore in una data imprecisata tra novembre e dicembre dello stesso anno, a poche settimane dalla liberazione del campo di sterminio da parte dell’esercito sovietico. In tasca del suo delatore la somma di 5000 lire. Tanto il valore della vita di un uomo.
Nando cresce con il senso dell’assenza, avendo visto scomparire nel nulla tante persone cui voleva bene. Solo dopo diversi anni dall’allontanamento dalle loro case, nei primi mesi del 1946, i reduci dei campi di sterminio cominciano a tornare a Roma, portando con loro le notizie di quello che è stato, della sorte di alcuni, e dunque purtroppo di quella presunta di tantissimi altri.
La vita per fortuna continua e nuove famiglie si ricreano. La figlia di Nando e madre di Daniele, Lia Tagliacozzo, curatrice dell’introduzione al fumetto e autrice del volume La generazione del deserto sui medesimi fatti, con i fratelli conosce fin da piccola il silenzio assordante degli adulti. Alle volte capta qualche parola non destinata a lei. Non fa che aumentare la sua voglia di capire, di sapere.
La gran parte dei deportati e dei testimoni ha iniziato a raccontare più avanti. È stato quello il volàno di un processo importante di conoscenza e di memoria che assolutamente non si deve fermare. Un impegno sempre più affidato a chi nei campi non è stato, a chi ha ascoltato la voce dei sopravvissuti alla Shoah, molti dei quali per età non sono più con noi.
Luca Esposito, grafico e comunicatore visivo, ha presentato il suo fumetto in nuce come elaborato di laurea al RUFA – Rome University of Fine Arts. Un sampietrino dorato. La storia di Nando Tagliacozzo si presenta come un fumetto estremamente sintetico, di grande formato, in bianco, nero e sfumature di grigio. I disegni sono esclusivamente a pagina intera o a doppia tavola. Un segno decisamente semplice.
Se Nando Tagliacozzo è molto somigliante a sé stesso, la rispondenza al reale interessa anche luoghi e ambientazioni. Il portone davanti al quale è apposto il sampietrino, per esempio, è identico a quello di via Reggio Emilia n. 47, dove però in verità dal 13 gennaio 2020 si ricorda un altro deportato, Umberto Spizzichino. Compaiono la Fontana delle Tartarughe di Piazza Mattei; la zona di Portico d’Ottavia; l’ingresso di via Salaria n. 147; la struttura del Collegio Militare; Regina Coeli; il cancello di Auschwitz; la Bahnrampe di Birkenau; Piazza San Giovanni in Laterano alla Liberazione di Roma, ecc. Qua e là sono inoltre inseriti alcuni documenti originali dell’epoca, ricompresi da Nando Tagliacozzo anche nel suo libro Dalle leggi razziali alla Shoà 1938-45. Documenti della persecuzione degli ebrei per conoscere, per capire, per insegnare, pubblicato nel 2007 da Sinnos Editrice.
Un sampietrino dorato sceglie di comunicare in forma snella e diretta, ma forse in alcuni punti i dialoghi avrebbero meritato una maggiore cura. È in ogni caso vincente l’utilizzo che se ne può fare a scopo didattico. I destinatari privilegiati certamente bambini e preadolescenti. Il messaggio, quello che Lia Tagliacozzo ha espresso lo scorso 26 ottobre 2022 in conclusione di un suo discorso:
«Ci aspetta un lavoro capillare, minuto e minuzioso per contrastare una visione della Shoah e del nazifascismo come qualcosa che non riguardi la storia italiana: nonno Arnaldo era italiano, “romano de Roma”, nato l’otto novembre del 1901 e morto in luogo e data ignoti. Perché la Shoah non fu solo il massacro industrializzato di milioni di persone diverse ritenute inferiori voluto e realizzato dai nazisti tedeschi ma ebbe in Italia collaboratori ed esecutori fedeli e solleciti. E adesso che la povertà e la fame rischiano di toccarci come non mai negli ultimi decenni, che l’esclusione sociale aumenta a causa della crisi economica, che la paura della guerra ci rende tutti più fragili… Mai come oggi bisogna essere pronti a riconoscere i segni della discriminazione e dell’odio e denunciarli con tutte le proprie forze. Ovunque questo accada. Questo bisogna fare oggi perché ciò che è accaduto allora non si ripresenti più».