Gina cammina, zirudella grafica di Antonella Toffolo
Gina è bravissima a «contare le storie» e dalle sue parti «chi sa “contare le storie” è uno importante. Va per le case e allora arrivano anche agli altri, di parola in parola». Gina più volte ha parlato ai suoi figli della propria infanzia in tempo di guerra, nell’Italia del nazifascismo. A distanza di anni Antonella Toffolo ha deciso di richiamare alla memoria quei ricordi materni accogliendoli nelle tavole della sua opera prima: Gina cammina (Centro Fumetto Andrea Pazienza, 2005; Topipittori, 2018).
Il fumetto rievoca il racconto di «quella volta che, è successo che» Gina, quando aveva otto nove anni, con sua madre lascia la sua casa ad Olina, nell’Appennino Tosco Emiliano. Insieme le due, contadine montanare, raggiungono a piedi Pavullo nel Frignano, poi prendono la corriera per Modena, passano per Porretta e da lì, in treno, arrivano a Firenze. Nelle campagne limitrofe le attende il fratello maggiore di Gina, Carlo detto Carlìn, che tempo addietro è dovuto partire per curarsi gli occhi e in cerca di fortuna. Ora proprio grazie a lui c’è una famiglia che vuole Gina presso sé, impiegata a servizio.
Il tragitto è lungo e nel corso della seconda guerra mondiale è zeppo di pericoli. C’è il rischio di smarrirsi, dei bombardamenti. Gina con coraggio affronta il viaggio e si adatta alla sua nuova condizione. Domina tutte le sue paure, affronta la fame, la fatica, la violenza e cresce. Non è facile diventare grandi in una terra oppressa dalla dittatura e dal conflitto bellico (come descrive dettagliatamente anche Bruna Martini nel graphic memoir Patria, edito da BeccoGiallo). Bisogna fare i conti con la povertà, con i tedeschi, che la fanno da padroni. È il periodo in cui alcuni, da un giorno all’altro, scelgono di unirsi alle bande partigiane protagoniste della Resistenza.
Quello di Gina cammina è un racconto aggraziato, quasi fiabesco che ha la forza della tradizione orale, delle serate di famiglia fuori casa, all’aria aperta, fra parole incantatrici che fanno trattenere il respiro e rimanere con la bocca aperta. Pur sembrando spontaneo è invece estremamente meditato nell’impresa di riportare nel testo scritto l’eloquio materno e di un intero territorio. A rischio anche dell’intellegibilità ricalca coerentemente le forme di un parlato dialettale, talvolta scorretto, sgrammaticato, storpiato, spiccio e colorito. Un linguaggio musicale come quello delle zirudelle, le filastrocche dei cantastorie dell’Emilia Romagna, che rievoca i balli nelle contrade, l’atmosfera delle feste di paese animate dalle orchestrine, il suono dell’armonica a bocca di Carlìn.
Antonella Toffolo costruisce una narrazione potente anche all’occhio, grazie al suo segno e alla sua tecnica: lo scratchboard. Su un foglio di cartone si stende un sottile strato di gesso e poi successivamente, in modo uniforme, dell’inchiostro nero. Successivamente con una punta si raschia per fare emergere dall’oscurità, dal buio, le forme bianche e la luce. Ci sono tanti modi per rendere graficamente lo scavare nei ricordi, spesso opacizzati e offuscati, quando non del tutto cancellati dal tempo e dalla memoria. Lei ha scelto questo. Il risultato sono disegni a togliere netti ed incisivi, in tutti i sensi del termine, senza sfumature.
«Il mio fumetto vorrebbe essere una testimonianza di memoria, in cui si incontrano le storie della gente comune con la Storia che ha portato alla libertà. In fondo il viaggio di Gina – una bambina che diventerà donna e madre – è un viaggio di iniziazione alla vita. Così come la Resistenza non è stata solo movimento fondamentale di liberazione politica, ma per chi vi ha partecipato, un’iniziazione difficile e rischiosa alla vita stessa, una crescita individuale e di
appartenenza. (A ben pensarci “il viaggio” è anche esso un percorso sempre di crescita). È per questo che la Resistenza colora e impronta il mio racconto anche se non l’ho vissuta né la mia famiglia vi ha partecipato direttamente. Perché la Resistenza è un’eredità, un ideale che anche oggi ci insegna e ci invita a “resistere” contro le oppressioni di vario tipo. Anche la guerra è di sottofondo, così come la resistenza ad essa; il viaggio di Gina nasce da una ricerca di sostentamento da un bisogno, dalla povertà che era l’eredità della guerra. Allo stesso tempo però, come ogni viaggio, anche quello di Gina è un viaggio simbolico di sopravvivenza che prevede un riscatto e un ritorno. E, come nelle favole, il ritorno non è un percorso circolare, ma una nuova meta che unisce il passato alla volontà di futuro. Volontà che abbiamo ereditato e che cerchiamo di trasmettere».
Gina cammina contribuisce non solo a far crescere le nuove generazioni con ideali di libertà e di coraggio ma anche alla memoria, rammentando avvenimenti del passato, della storia del nostro paese e l’arte singolare e poetica della sua autrice. Antonella Toffolo è prematuramente scomparsa diversi anni fa, il 21 febbraio del 2010. Aveva quasi cinquant’anni ed era nella sua Pavullo nel Frignano. Vive nel cuore di chi l’ha conosciuta e nelle emozioni che continua a donare a tutti i suoi lettori.