La corsa è lunga e alla fine è solo con te stesso
Una storia di cuore e di gambe: così suona il sottotitolo del fumetto Dorando Pietri di Antonio Recupero e Luca Ferrara (Tunué, 2016). È una promessa mantenuta.
La prima parte del fumetto si apre in una stanza di ospedale dove Dorando Pietri si trova a seguito dell’impresa grazie alla quale è diventato famoso nel mondo ed è salito agli onori delle cronache: la maratona della quarta edizione delle Olimpiadi moderne, tenutasi a Londra il 24 luglio del 1908.
Costretto nel letto, continua a chiedersi se abbia vinto o meno la gara e nel primo degli innumerevoli flashback del fumetto ritorna alla sua infanzia e all’origine della sua carriera da podista.
Nato nel 1885 da una famiglia contadina a Mandrio di Correggio, nei pressi di Reggio Emilia, Dorando Pietri da bambino era sempre molto veloce nella corse, anche se non sembrava avere le caratteristiche fisiche giuste per questo sport.
Da ragazzo si sostentava lavorando come garzone nella Pasticceria Roma di Carpi.
Gli esordi nella Società sportiva “La Patria” solo nel 1903 e, l’anno successivo, la sua prima corsa in sfida contro Aduo Fava e Pericle Pagliani, i due migliori podisti italiani di quel periodo.
La seconda parte del racconto è dedicata alla descrizione della maratona di Londra, del suo epilogo e dei riconoscimenti che Dorando Pietri ottenne successivamente.
La corsa si svolse con un gran caldo. A quanto sembra all’inizio Dorando Pietri partì risparmiando energie e poi, a metà percorso, aumentò il ritmo per recuperare tempo e posizioni, portandosi fra i primi. Ad un paio di chilometri dal traguardo era in testa e correva in solitaria.
Il problema sorse quando entrò nel White City Stadium per le ultime centinaia di metri. Apparve confuso, tanto da sbagliare la direzione della corsa, e barcollante. Si sentì male e cadde. Fu aiutato a rialzarsi e finì con difficoltà la maratona arrivando in ogni caso di fatto primo. Fu soccorso, portato via in barella e ricoverato.
Su ricorso dei concorrenti americani, si riunì la Commissione Olimpica che squalificò Dorando Pietri dalla gara a causa dell’aiuto ricevuto. Il premio venne assegnato ufficialmente al secondo arrivato, lo statunitense John Hayes.
Nonostante ciò la regina Alessandra decise di consegnargli una coppa d’argento dorato proprio durante le premiazioni ufficiali. In patria i riconoscimenti non furono da meno: osannato dalle folle, ricevette messaggi di congratulazioni persino dal principe Umberto di Savoia.
Nell’ultima sezione della graphic seguiamo Dorando Pietri nel periodo post Londra. L’escamotage narrativo è quello di un giornalista che va ad intervistarlo nel suo albergo di Carpi, acquistato con i soldi che gli fruttarono le tante corse del dopo maratona.
Grazie alla fama acquisita a Londra, Dorando Pietri ricevette l’invito a partecipare a molte competizioni. Accettò di andare a correre negli Stati Uniti e per questo si trovò a dover rimandare il suo matrimonio con Teresa Dondi.
Sarebbe dovuto rimanere fuori dall’Italia solo un mese e invece la sua permanenza si allungò a ben sei mesi. Altri ingaggi, guadagni altissimi ma il suo fisico era sempre più provato.
Al rientro le nozze, poi l’addio alle corse nel 1911 e l’acquisto dell’albergo, come investimento.
All’inizio gli affari andavano a gonfie vele ma l’inesperienza nel settore porterà ad un flop. La graphic novel si chiude con all’orizzonte l’idea di Dorando Pietri di cominciare una attività diversa: la gestione di un’autorimessa a Sanremo.
Un nuovo capitolo della vita di Dorando Pietri che si apre nel 1923 per finire con la sua morte avvenuta nel 1942, ma che non è oggetto della nostra graphic novel.
Questi i fatti. I disegni e le tinte di Luca Ferrara sono perfettamente strumentali a ricostruirli catapultandoci nelle atmosfere dell’epoca e nei luoghi in cui la storia è ambientata.
Il protagonista è lì, immortalato come in fotografia. O meglio, vista l’ottima resa del movimento, parte fondante del racconto, è come se lo si stesse guardando in uno dei filmati originali del tempo.
Le macchine da presa dirette dal “disegnatore regista” alle volte indugiano sui volti dei personaggi, altre su particolari tesi ad accentuare il pathos della scena.
Le vignette sono contornate quando l’azione si svolge nel tempo presente e senza cornice quando si tratta di un flashback, di un ricordo più sfumato.
Le emozioni vengono dalla volontà di riscatto di Dorando Pietri, dalla sua voglia di arrivare a realizzare il suo grande desiderio.
Dorando Pietri è, come dice Antonio Recupero nell’introduzione:
«l’uomo che tutti dicevano inadatto a correre, e che ha corso meglio di tutti quelli che glielo dicevano. Perché solo “i non adatti” sanno diventare veri eroi».
«La corsa è lunga e alla fine è solo con te stesso», suona la dedica di Luca Ferrara (mio trofeo di Lucca Comics).
Questa frase è una citazione dell’articolo Advice, like youth, probably just wasted on the young della giornalista statunitense Mary Schmich, apparso sul “Chicago Tribune” il primo di giugno del 1997.
Il testo è poi divenuto parte del monologo finale del film The Big Kahuna del 2000.
Niente di più vero. La corsa è una sfida con se stessi e metafora della vita.
Travalicando i confini di questa graphic mi fa piacere condividere con voi qualche piccola curiosità.
Molti autori si sono cimentati a scrivere libri su Dorando Pietri ma, sempre a proposito di fumetti, vi interesserà forse sapere che esiste una storia di Topolino su di lui. La si trova nel n. 2953 del 4 luglio 2012 ed è sceneggiata da Roberto Gagnor e illustrata da Marco Mazzarello.
Ogni mito che si rispetti è stato anche musicato. Nel nostro caso lo hanno fatto Irving Berlin, gli En manque d’autre (poi Afa), il gruppo Tupamaros e Cisco.
Cambiando ambito, il 23 febbraio del 2008 Poste Italiane ha emesso un francobollo, in occasione del centenario della maratona di Londra. Vi è raffigurato proprio Dorando Pietri che taglia il traguardo.
Nel 2012 la RAI gli dedica invece la miniserie in due puntate Il sogno del maratoneta, interpretata da Luigi Lo Cascio.
Non è finita. Che dire del fatto che il re d’Inghilterra Giorgio V chiamò Dorando il suo cavallo? Ancora oggi capita di trovare cavalli da corsa che portano questo nome.
Sapevate infine che Paolo Villaggio ha voluto omaggiare Dorando Pietri con la scena di Fantozzi e il cartellino? Il ragioniere la mattina arriva al lavoro e corre per timbrare il cartellino circondato dai colleghi. Stremato cade e uno dei dipendenti dice agli altri: “No, non lo aiutate se no è squalificato. Deve arrivarci da solo!”.
Continueremo a scoprirne delle belle…